Le persone lasciano il posto di lavoro e i manager si ritrovano soli.

Un motivo c’è.

Le persone lasciano il posto di lavoro senza apparenti ragioni. In realtà il motivo c’è e c’era anche prima, ma mancava la spinta. Crisi economica e stress post Covid non hanno creato maggiore attaccamento al posto di lavoro, anzi.

Davanti all’allerta continua ed alla paura della perdita della vita stessa, il lavoro assume il significato di strumento per vivere meglio e laddove non fa vivere meglio le persone se ne vanno.

La Resistenza di una azienda post Covid è dovuta solo alla tenuta psicologica dei suoi dipendenti ed alla capacità che l’Organizzazione stessa ha avuto in passato di dar loro valore e beneficio. Nessun manager può più contare di far andare bene la sua azienda se non è capace di tenersi le persone, perché cambiare una persona costa più che tenersela, e di persone “capaci” ce ne sono poche.

Oramai i 30-35 che valgono possono scegliere di andarsene, e lo fanno spesso e con grande facilità poiché se hanno appreso una professione e si impegnano hanno un grande valore di mercato.

Inoltre in un mercato così fluido non sono più le aziende a dettare legge, ma i lavoratori ed i bisogni in continuo cambiamento.

Le stesse organizzazioni applicano vecchi modelli organizzativi e di carriera a contesti nuovi, che seguono un ritmo altalenante e indefinito a cui adattarsi ogni giorno.

Motivare le persone è un’altra cosa rispetto a dare loro procedure e fissare riunioni on line.

Diverso è per i “vecchi” leader che presi dalla crisi e dalla tensione si lasciano sempre più andare a accessi d’ira. Le crisi familiari sfociano in separazioni lampo, l’esasperazione dilaga su tutti i fronti ed in questo scenario il lavoro è vissuto come plus, non come strumento di sopravvivenza né di benessere (dati gli stipendi inadeguati al costo della vita).

Per i suddetti motivi la prima e forse unica cosa a cui pensare se si ha una squadra di lavoro, sono le persone. Ma non con azioni totalmente inutili quali i team building o il coaching che sono oramai fuori tempo massimo e non si adattano affatto alla crisi psico-sociale attuale.

Le persone hanno bisogno di trovare nel lavoro innanzitutto uno stimolo di crescita personale e sociale nel quale lo scambio con il prossimo sia arricchente in termini di contenuti tecnici e professionali.

In secondo luogo le persone devono trovare un ambiente attento ed organizzato nel rispetto della vita privata dell’individuo poiché sempre di più risulta inaccettabile dover lavorare con tempi disumani ed in ambienti disumani.

Terzo fattore necessario è l’educazione ed il modo di comunicare con le persone.

Le persone lasciano il lavoro da sempre per fattori di Clima Organizzativo, ovvero “che aria tira”.

Sono tutte cose intangibili ed apparentemente secondarie ma adesso sono primarie poiché le priorità sono cambiate. Lo stipendio non arricchisce più nessuno e non vale la pena fare carriera ed invecchiare chiusi in un ufficio per avere un reddito col quale non si vivrà nell’agio da anziani.

Per i Giovani ancora peggio: studi e Master a carico delle famiglie per vivere in città caotiche ed invase dai ratti lontano da tutti.

I giovani vogliono stare bene ritrovarsi nuovamente e ridare un senso alla propria vita.

Un senso che sia slegato dal lavoro e che sia in funzione di obiettivi che li facciano vivere spensierati, ultimo tra essi la competizione lavorativa e la vita da reclusi e poveri.

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