Whatsapp e la messaggistica scritta e vocale: mezzi ansiogeni e modalità veloci per ROVESCIARE sull’altro le proprie urgenze.

Come e perché NON utilizzare la messaggistica al lavoro se si vuole essere Credibili e Autorevoli.

Whatsapp e la comunicazione a Senso Unico. L’abusatissima messaggistica che non lascia possibilità di risposta, se non a posteriori, rispecchia l’approccio alle relazioni contemporaneo.

Tutto subito e a partire da sé stessi e dalla propria necessità di ottenere soddisfazione ai nostri bisogni muovendo un dito.

Con effetti pessimi sia nelle relazioni private che sul lavoro, di cui risente la nostra credibilità professionale e l’efficienza lavorativa. Ma soprattutto con effetti ansiogeni.

Qualora noi fossimo delle persone organizzate, avremmo già concordato coi nostri colleghi modi e tempi di lavoro. Useremmo le riunioni e gli orari concordati (e retribuiti) per discutere degli obiettivi professionali.

Nei tempi prestabiliti avremmo quindi anche già pianificato successivi incontri di feedback e riscontri scritti che misurerebbero poi quanto concordato e raggiunto.
Avremmo usato un metodo di misurazione delle performance dei colleghi o collaboratori. Un metodo che desse loro un reale ritorno su quanto deciso.

Saremmo cioè organizzati, credibili, schematici ed equilibrati nel nostro modo di agire. Di conseguenza anche chi lavora con noi saprebbe cosa attendersi e quando.

In tal modo un collaboratore avrebbe appreso anche un metodo di lavoro. Chiaramente in questa logica, i messaggi sul cellulare resterebbero completamente esclusi.

Whatsapp NON può essere un metodo di comunicazione lavorativa. La messaggistica non riflette nessuna organizzazione ma una urgenza.

Pertanto è da evitare se non con amici o per cose contingenti e reali emergenze organizzative.

Quale persona organizzata e Credibile lavorerebbe in emergenza?

Forse un medico del pronto Soccorso che vista la natura del lavoro che svolge non avrebbe modo di mandare messaggi.

Tutti gli altri potrebbero telefonare facendo sentire la loro voce, il che avrebbe anche un effetto terapeutico perché toglierebbe l’ansia dell’attesa. Al contrario il messaggio è monodirezionale e non prevede una replica se non in differita. Quindi di per sé crea ansia.

Il messaggio sui canali “veloci di messaggistica” nasce come modo veloce di comunicare e indiretto.

Come poter credere di parlare via messaggio su un mezzo che non prevede replica immediata?

Gettare sull’altro la propria urgenza, ancor peggio per messaggio vocale, non abbassa l’ansia di chi lancia la comunicazione e crea ansia in chi la riceve. Sposta la tempistica dal tempo reale ad un tempo virtuale che di fatto non esiste. Dà l’illusione, ma solo illusoria, di comandare la comunicazione. In realtà la sposta e la devia.

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